Cabina da spiaggia

Raffaele Di Vaio

Luigi Cosenza alla IV Triennale di Milano, 1936
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Prezzo base20,00 €
Prezzo di vendita19,00 €
Sconto totale: 1,00 €
Descrizione

collana: studi e progetti di architettura
anno pubblicazione: 2019
formato: 22x22
pagine: 158
immagini: numerose in b/n e col.
ISBN 978-88-8497-618-5


Luigi Cosenza costruisce una piccola opera d’architettura: una cabina da spiaggia. Collaudata a Napoli sulla spiaggia di Mergellina e poi esposta nei giardini della Triennale di Milano nel 1936, l’effimera costruzione ribalta i canoni morfologici delle cabine tradizionali e si inserisce nel filone di ricerca progettuale individuale di Cosenza sul rinnovamento in senso “moderno” del linguaggio architettonico, in cui gli elementi della composizione sono rivisitati e riutilizzati alla luce delle nuove tecnologie e sulla base dei nuovi temi corbusieriani. Appare evidente il rimando alla capanna nomade protostorica, non con l’obiettivo di ricercare la “forma” architettonica archetipa, bensì i valori fondamentali delle costruzioni realizzate dall’uomo, secondo le sue aspiraziozioni: la scelta libera dei modi di vivere, la proporzione degli spazi coperti, l’inserimento degli spazi esterni, la felicità come prospettiva, la libertà come condizione, la razionalità come costume. La cabina da spiaggia esprime la ricerca della corrispondenza e integrazione tra principio costruttivo, esigenza tecnica di assemblaggio, necessità funzionali e configurazione formale, tra arte del costruire e finalità dell’opera.


Recensione

Giovanni Menna

Appare evidente in quest’opera il rimando alla capanna protostorica a cui Cosenza mira non con l’obiettivo di ricercare l’archetipo architettonico – la “forma” primaria e primigenia - bensì i valori fondamentali delle costruzioni realizzate dall’uomo, autonomamente e secondo le sue forze produttive, per soddisfare le proprie aspirazioni di membro di una società non ancora involuta.

“La Cabina da spiaggia (…) esprime la ricerca di questa antica giovinezza del fare architettonico in maniera esemplare e incarna sinteticamente le qualità, indipendenti dalle dimensioni, della corrispondenza e integrazione tra principio costruttivo, esigenza tecnica di assemblaggio, necessità funzionali e configurazione formale, arte del costruire e finalità dell’opera”. Con queste parole l’architetto Raffaele Di Vaio apre le riflessioni del libro su una piccola ma importante opera di Luigi Cosenza, costruita a Napoli ed esposta nei giardini del Parco del Sempione di Milano in occasione della VI Triennale di architettura del 1936: un’idea che è nata dalla necessità, e anche da una notevole dose di curiosità, di gettare uno sguardo più analitico su un oggetto che in realtà non era mai stato possibile conoscere nella sua consistenza materiale (e men che mai nei suoi aspetti costruttivi), e fino a questo momento neanche valutato nel suo significato, a causa dell’assenza di studi di carattere storico-critico. Sono almeno quattro gli ordini di motivazioni che rendono questo libro di Di Vaio un contributo di estremo interesse nell’ambito degli studi sull’architettura a Napoli tra le due guerre. La prima ragione attiene a ciò che dovrebbe essere uno dei primi compiti del mestiere di storico: colmare una lacuna. Il libro ci offre infatti la possibilità di recuperare la storia, la forma e il significato di un’architettura “perduta”, ovvero di un’opera che per sessanta anni è stata completamente ignorata dagli studi approfonditi dell’opera di Cosenza. Solo l’architetto Giancarlo Mainini, nel 2005, in occasione della manifestazione per il centenario della nascita dell’ingegnere napoletano, iniziò in qualche modo a occuparsene. I motivi di questo “oblio” sono in gran parte riconducibili alla ridotta dimensione dell’opera, alla sua dimensione “balneare” e al suo essere una piccola costruzione espositiva, per di più scomparsa nel nulla, come i suoi grafici. Si tratta di ragioni, queste, che non sono certo ascrivibili alla responsabilità degli storici, ma non c’è dubbio che questa piccola costruzione di legno e tela costituisce un piccolo caso storiografico, tra i tanti, dentro una questione più ampia - e molto seria a parere di chi scrive - che riguarda quella che è stata la ricezione a Napoli dell’intera opera di Luigi Cosenza. Una ricezione che nella sua città da parte degli studiosi napoletani di architettura appare tardiva, incompleta e incompresa - fatte salve rare quanto parziali eccezioni - fino alla seconda metà degli anni Settanta quando molto lentamente, e non senza il persistere di ingiustificate omissioni, finalmente qualcuno tra gli storici dell’architettura, come Cesare de Seta, iniziò a occuparsene, imponendo e presentando alcune opere di Cosenza alla Biennale di Venezia del 1976.

Una seconda motivazione risiede nel fatto che nel suo saggio Di Vaio dimostra per la prima volta quanto importante sia stata questa piccola opera: lo è per la sua intrinseca e oggettiva qualità di manufatto architettonico, per lo straordinario addensarsi e sciogliersi di temi e di problemi che sono stati assolutamente centrali nel Moderno, e non solo in quella congiuntura storica e nel contesto in cui la Cabina venne realizzata; e infine è importante anche per il posto che essa occupa all’interno della produzione di Cosenza, perché Di Vaio ci spiega anche in che modo essa sia stata a un tempo il punto di arrivo di un percorso fino a quel momento compiuto e il nucleo germinale delle esperienze che l’ingegnere napoletano farà, dalla fine degli anni Trenta, nei decenni successivi.

Una terza ragione riguarda il taglio metodologico con il quale la Cabina è stata studiata, molto complesso perché Di Vaio ha scelto di attivare la sua indagine aprendo tre piani di lavoro, avendo l’accortezza di metterne continuamente in relazione gli esiti, e dimostrando in tal modo di saper gestire differenti approcci. Alla tradizionale metodologia di indagine storiografica condotta sulle fonti - quelle a stampa, principalmente, rivelandosi infruttuosa una lunga ricerca di materiale documentario originale effettuata negli archivi della Triennale di Milano e le verifiche effettuate nell’Archivio Cosenza - si è affiancata l’analitica lettura delle riproduzioni dei grafici e della documentazione iconografica a disposizione per giungere alla ricostruzione dettagliata di un oggetto attraverso una decostruzione delle sue componenti, ognuna delle quali è stata ridisegnata, risalendo

anche nelle connessioni, nelle soluzioni di dettaglio e nei particolari costruttivi. Infine il quarto livello, quello dell’approfondimento critico, che ha visto Di Vaio determinato a enucleare e poi a mettere sotto la lente critica i tanti temi che Cosenza ha voluto quasi “programmaticamente” affrontare in quella esperienza, che è “piccola” solo dimensionalmente ma con un coefficiente di densità che opere di grandi dimensioni anche all’interno della sua produzione non possono esibire. Nel corso dello studio e della pubblicazione di questo lavoro, si è pensato di poter realizzare in scala reale questo straordinario oggetto e di collocarlo in un luogo “giusto” della nostra città: e già ci sono alcune strutture disposte a ospitarlo. E dovrebbero essere le istituzioni, a beneficio delle quali Cosenza ha riversato gran parte del suo impegno - la città di Napoli e l’Ateneo fridericiano in primis - a farsi carico di ri-tradurre nella terza dimensione questo prezioso documento della cultura del progetto moderno a Napoli, una testimonianza della qualità di una Scuola di grande prestigio: proprio quel Politecnico nel quale si era formato e che progetterà negli anni Cinquanta, e dove insegnerà poi Luigi Cosenza, cioè il più importante progettista del XX secolo a Napoli. Sarebbe un’occasione importante per riflettere con orgoglio sulla propria storia, e stabilire un più saldo legame con la grande tradizione dell’ingegneria napoletana. La ricostruzione di un’opera “storica” a così alto coefficiente teorico costituirebbe la dimostrazione tangibile del fatto che la progettazione (che sia architettonica o urbana, che sia dell’ambiente costruito o dell’oggetto d’uso), ha offerto anche nella nostra terra non di rado i suoi esiti più significativi sul piano sperimentale e della ricerca.