Pittura tra Malta e Napoli nel segno del barocco
Salvatore Costanzo
“L'opera raccoglie - per la prima volta - una messe di informazioni sul linguaggio pittorico barocco tra Malta e Napoli in un arco cronologico di circa cento anni (1650-1750), caratterizzato da uno scenario denso e complesso, di non facile definizione per diversità di accenti, incroci e sovrapposizioni di correnti artistiche. Un punto chiave della disamina riguarda l'ambiente storico-culturale dell'“isola dei Cavalieri”, dove notevole influenza rivestono sia le grandi commissioni ecclesiastiche e laiche, sia le ricche collezioni dell'Ordine Gerosolimitano che abbondano di inestimabili quadri d'autore. Vengono approfondite le dimensioni conoscitive e le modalità di espansione di alcuni modelli figurativi sacri di celebri maestri italiani e stranieri dell'epoca che, per una certa peculiarità stilistica, sono messi in rapporto ai principali filoni pittorici di La Valletta e a quelli “importati” da diverse aree del Meridione d'Italia.
La prima sezione tematica del saggio è dedicata all'inquadramento biografico di un cospicuo numero di artisti isolani, molti dei quali considerati a torto ancora minori, influenzati dalla lezione del Preti e dai modi del Solimena. Il discorso sul fluido decorativismo del “cavalier Calabrese”, Raimondo De Dominici, detto il Maltese, padre del più noto pittore e biografo napoletano Bernardo. Di non trascurabile portata la produzione secentesca degli artefici appartenenti alla cerchia pretiana: Gioacchino Loretta, Pedro Nuñez de Villavicencio, Giovan Battista Caloriti, Gian Paolo Chiesa. L'indagine critica sottolinea la presenza nel tessuto dei primi decenni del Settecento di altre due personalità di rilievo nel panorama figurativo maltese: Gian Nicola Buhagiar e Francesco Vincenzo Zahra, artisti di elevata genialità interpretativa.
La seconda parte del volume si apre considerando come nucleo problematico significativo la formazione napoletana di Raimondo De Dominici nel grande e prolifico ambiente del Giordano. Il percorso del pittore maltese accoglie preziosi apporti critici sull'esperienza del barocco prodotto da moltissimi artisti di “seconda fila” attivi nella capitale del Regno, e mira a far emergere nuove proposizioni di pensiero e indagini stilistiche su due scolari dedominiciani: Michele Pagano e Filippo Ceppaluni.