7 pezzi facili
Antonio Di Gennaro, Giuseppe Guida
foto di Riccardo Siano
presentazione di Ottavio Ragone
ISBN 978-88-8497-826-4
Un agronomo e un urbanista in giro per Napoli. L’intenzione è quella di raccogliere idee, per contribuire al dibattito pubblico su come rimettere in cammino una città sospesa, interrotta, dopo un ventennio di governo stentato, a bassa intensità. È iniziato così il viaggio nei luoghi simbolo della città, nel secondo anno di pandemia, raccontato in sette pezzi pubblicati sull’edizione napoletana de “la Repubblica”. L’ itinerario in sette tappe, illustrato dal fotografo Riccardo Siano, va dai grattacieli fantasma del Centro Direzionale svuotato dal Covid, ai paesaggi di Posillipo distrutti dalla cocciniglia e dall’incuria al limbo senza prospettive delle aree industriali estinte, a est, a ovest e a nord della città.
RECENSIONE
Sette viaggi d’autore nell’urbanistica
di Pasquale Belfiore
la Repubblica, 29 giugno 2022
Senza gli articoli sui giornali, non avremmo mai avuto in Italia una nutrita e qualificatissima letteratura sulla conservazione dei beni culturali. Da Cesare Brandi ad Antonio Cederna a Cesare de Seta, per fare qualche nome. Merito di chi scrive, ovviamente, ma anche di chi – lo stesso autore o qualche editore – prende l’iniziativa di raccogliere in un libro questi materiali che rischiano la dimenticanza. Su questi temi e qui a Napoli, per ora registriamo con favore un piccolo ma importante contributo di Antonio Di Gennaro e Giuseppe Guida che hanno raccolto in un agile volume per la Clean Edizioni alcuni reportages apparsi nel 2021 su queste pagine. “7 pezzi facili. Viaggio breve nella Napoli interrotta” titola la proposta editoriale, con chiara allusione al fortunato libricino di Richard P. Feynman “Sei pezzi facili” che raccoglie lezioni dei primi anni Sessanta su alcuni concetti base come l’energia e la realtà quantistica. Pezzi facili ma argomenti difficili, scrivono subito gli autori. Perché, si converrà, che il Centro Direzionale, le zone est e ovest di Napoli, Pianura e Posillipo, San Martino con i sottostanti quartieri e la Tangenziale, ognuno con i suoi problemi specifici, certamente sono argomenti difficili da risolvere. Più della realtà quantistica, per chi vive a Napoli. Il Centro direzionale, per esempio, degradato e in crisi funzionale. È il prodotto di sbagli d’autore: di Luigi Piccinato che lo colloca negli anni Sessanta in un lotto ristretto tra ferrovia, carcere e cimiteri condannandolo a vita breve fin dall’origine; dell’architetto giapponese Kenzo Tange che accetta di esiliare le abitazioni lungo uno dei bordi per non intralciare le attività degli affari che è funzione primaria (ma non unica) d’un centro direzionale: due ghetti, insomma. Arriva in questi anni la crisi economica che colpisce il bersaglio grosso del Centro, la parte direzionale, mentre risparmia in una certa misura la residenza. La presenza delle abitazioni ritenuta fastidiosa e incongrua negli anni Ottanta è oggi un punto di forza dal quale ripartire per la rigenerazione del Centro. Ermanno Rea, dopo la grande “dismissione” industriale dell’Italsider negli anni Novanta, avrebbe potuto oggi scrivere della seconda, grande dismissione, quella del centro degli affari a Napoli. Come rimediare? Inserendo vita reale e cose vere in un pezzo di città nato artificiale e senza umori, epigono dello zooning novecentesco che specializzava i quartieri delle città e aveva terrore delle contaminazioni funzionali. Si rimedia “mettendoci abitanti - scrivono di Gennaro e Guida cogliendo l’essenza del problema - migliaia di abitanti…servizi, attrezzature pubbliche, per l’istruzione, la cultura, lo sport….integrandolo finalmente con quello che c’è intorno, i quartieri vecchi del Vasto, di Poggioreale”. Bagnoli, ancora per esempio e per riandare alla prima dismissione. Dove tutto è stato grande, difficile, costoso, problematico (e poi ancora politico, giudiziario, controverso), nel racconto dei nostri due viaggiatori in patria diviene piccolo, facile, economico, semplice. Provocazione ragionevole, si potrebbe dire, trattandosi di stimati studiosi che tentano di ingenerare dubbi sulle soluzioni e sui metodi finora applicati a Bagnoli. Come quelli di Invitalia che prefigura bonifiche faraoniche quanto inutili, che non hanno riscontro in nessuna altra parte del mondo che ha rigenerato aree industriali dismesse. Dati certi e argomentazioni semplici e chiare quelli di Di Gennaro e Guida che non propongono ingenue semplificazioni della complessità, ma si rifiutano di sottoscrivere il perverso principio che tutto ciò che si prevede per Bagnoli debba essere costoso, complicato e di lunga durata per la realizzazione, che richieda defatiganti procedure. Quasi a fare da controcanto ai grandi problemi – e questa volta con intenzionale provocazione - c’è in via Nassirya, dicono gli autori, un parco grande come la Floridiana, abbandonato. Nell’attesa, cosa vieta di pulire, mettere qualche panchina e donare uno spazio pubblico al quartiere? Nell’attesa, appunto. È la filosofia dell’intanto, degli usi temporanei degli spazi da recuperare, rilanciata da Michelangelo Russo proprio a proposito del cantiere infinito di Bagnoli. A Ottavio Ragone è spettata di diritto la presentazione, perché il libro è nato sulle pagine del giornale che dirige a Napoli. Così come a Riccardo Siano è stata assegnata d’ufficio l’illustrazione, eccellente, dei luoghi narrati. Il passaggio più bello del testo di Ragone è quando parla d’un “libro fertile”, come lo sono quelli con le parole che emigrano dalla pagina per diventare moniti contro speculazioni, ritardi, inefficienze o, più felicemente, per diventare progetti che migliorano l’ambiente in cui viviamo.